DIETA CHETOGENICA … dieta dalle molteplici virtù

Come dice la parola stessa è una dieta che genera la chetosi ovvero induce l’organismo a produrre corpi chetonici. Questa categoria di molecole riesce, almeno in parte, a ricoprire il ruolo di norma destinato al glucosio, zucchero  proveniente dagli alimenti glucidici. La condizione per cui questo avvenga quindi è la drastica riduzione degli alimenti glucidici (ovvero carboidrati), alimenti che di norma costituiscono tra il 50 e il 65% del nostro fabbisogno energetico.

Aldilà delle variazioni interpersonali dei profili genetici che vanno a delineare diverse strategie dietetiche per quanto riguarda le diete normobilanciate, il successo della dieta chetogenica è dovuto all’attivazione dei percorsi metabolici che garantiscono la sopravvivenza in condizioni di carestia ovvero attingere alle riserve di grasso in condizione di digiuno.

Andando nel dettaglio, in presenza di glucidi, tutte le cellule ne utilizzano l’energia per svolgere le loro attività. Ma se questi vengono ridotti a un livello sufficientemente basso esse cominciano a utilizzare i grassi, tutte tranne le cellule nervose che non hanno la capacità di farlo. Si avvia quindi la chetogenesi, perché porta alla formazione di molecole chiamate corpi chetonici, questa volta utilizzabili dal cervello. In genere la chetosi si raggiunge dopo un paio di giorni con una quantità giornaliera di carboidrati di circa 20-50 grammi, ma queste quantità possono variare su base individuale.

La riduzione drastica di glucidi sbilancia la proporzione tra i macronutrienti aumentando di contro le proteine e soprattutto i grassi. Lo scopo principale di questo sbilanciamento delle proporzioni dei macronutrienti nella dieta è costringere l’organismo a utilizzare i grassi come fonte di energia.

Aldilà delle variazioni interpersonali dei profili genetici che vanno a delineare le strategie dietetiche nelle diete normobilanciate, il successo della dieta chetogenica è dovuto all’attivazione dei percorsi metabolici che garantiscono la sopravvivenza in condizioni di carestia ovvero attingere alle riserve di grasso in condizione di digiuno.

Andando nel dettaglio, in presenza di glucidi, tutte le cellule ne utilizzano l’energia per svolgere le loro attività. Ma se questi vengono ridotti a un livello sufficientemente basso esse cominciano a utilizzare i grassi, tutte tranne le cellule nervose che non hanno la capacità di farlo. Si avvia quindi la chetogenesi, perché porta alla formazione di molecole chiamate corpi chetonici, questa volta utilizzabili dal cervello. In genere la chetosi si raggiunge dopo un paio di giorni con una quantità giornaliera di carboidrati di circa 20-50 grammi, ma queste quantità possono variare su base individuale.

La riduzione drastica di glucidi sbilancia la proporzione tra i macronutrienti aumentando di contro le proteine e soprattutto i grassi. Lo scopo principale di questo sbilanciamento delle proporzioni dei macronutrienti nella dieta è costringere l’organismo a utilizzare i grassi come fonte di energia.

Le verdure sono indispensabili per sostenere questa dieta

Il passaggio da glucosio a chetoni può richiedere anche più di una settimana a seconda del metabolismo del soggetto. Nei primi 1-2 giorni di adattamento è possibile avere sintomi di affaticamento e spossatezza simili all’influenza, da questo il nome Keto Flu (influenza da chetosi). Una volta superata la fase di adattamento si possono notare migliorie, tra le quali aumento di energie e concentrazione oltre che alla diminuzione di “voglie” come al bisogno di dolci e carboidrati.

La dieta chetogenica è una dieta da seguire in più fasi, partendo da una VLCD (very low-calorie diet di 600-800 kcal), passando per LCD (low-calorie diet) fino ad arrivare alla HBD (hypocaloric balanced diet) prima di riprendere un regime nutrizionale normocalorico bilanciato, preferibilmente personalizzato in base al proprio profilo nutrigenetico.

Erroneamente, questa dieta ha la fama di una dieta iperproteica, mentre si tratta di una dieta normoproteica a tutti gli effetti. Sorprenderà il fatto invece che la maggior parte dell’introito calorico proviene dai grassi perché i grassi sono molecole compatte dense di energia, capaci di fornire più del doppio delle calorie rispetto ai glucidi e le proteine.  Le verdure invece, soprattutto quelle a basso contenuto di glucidi, diventano indispensabili allo scopo di reintegrare minerali ed elettroliti come potassio e magnesio e quindi anche per assicurare l’equilibrio acido-base dell’organismo.

Il passaggio da glucosio a chetoni può richiedere anche più di una settimana a seconda del metabolismo del soggetto. Nei primi 1-2 giorni di adattamento è possibile avere sintomi di affaticamento e spossatezza simili all’influenza, da questo il nome Keto Flu (influenza da chetosi). Una volta superata la fase di adattamento si possono notare migliorie, tra le quali aumento di energie e concentrazione oltre che alla diminuzione di “voglie” come al bisogno di dolci e carboidrati.

La dieta chetogenica è una dieta da seguire in più fasi, partendo da una VLCD (very low-calorie diet di 600-800 kcal), passando per LCD (low-calorie diet) fino ad arrivare alla HBD (hypocaloric balanced diet) prima di riprendere un regime nutrizionale normocalorico bilanciato, preferibilmente personalizzato in base al proprio profilo nutrigenetico.

Erroneamente, questa dieta ha la fama di una dieta iperproteica, mentre si tratta di una dieta normoproteica a tutti gli effetti. Sorprenderà il fatto invece che la maggior parte dell’introito calorico proviene dai grassi perché i grassi sono molecole compatte dense di energia, capaci di fornire più del doppio delle calorie rispetto ai glucidi e le proteine.  Le verdure invece, soprattutto quelle a basso contenuto di glucidi, diventano indispensabili allo scopo di reintegrare minerali ed elettroliti come potassio e magnesio e quindi anche per assicurare l’equilibrio acido-base dell’organismo.

Mentre il ruolo della dieta mediterranea è di prevenzione,
quello della dieta chetogenica è di terapia

E’ opportuno abbinarla all’attività fisica?

Nella fase chetogenica è altamente sconsigliata attività aerobica intensa: il deficit calorico a cui il paziente è esposto non garantirebbe energia sufficiente compromettendo inoltre la massa magra del paziente.

È consigliato invece seguire brevi cicli di tonificazione muscolare, 15’ al massimo 3x a settimana preferibilmente a giorni alterni, utili per mantenere un elevato grado di elasticità cutanea (es. addominali, squat a corpo libero, flessioni con ginocchia a terra…).

A chi può essere utile?

Bensì la maggior indicazione è quella legata alla riduzione del peso, anche le persone normopeso possono fare dei brevi cicli mediatamente di 10-14 gg in quanto la privazione glucidica sortisce sull’organismo degli effetti paragonabili al digiuno e pertanto si può considerare come una delle diete antinvecchiamento.

Alle persone con eccesso di peso, sia obese (IMC>30) che in sovrappeso (25<IMC<30), il beneficio sta nella riduzione del rischio delle complicanze legate alla riduzione del peso quali:

  • cardiovascolari(12) (aterosclerosi e insufficienza coronarica, insufficienza cardiaca, insufficienza veno-linfatica, incidente cerebro-vascolare, ipertensione arteriosa, tachicardia ventricolare…;

  • endocrinologiche (diabete di tipo 2(3), sindrome dell’ovaio policistico(5,11) ipercortisolemia)

  • metaboliche (displipidemie, iperuricemie)

  • osteo-articolari (artrosi, lombalgie)

  • digestive (reflusso gastro-esofageo, litiasi, steatosi)

  • respiratorie(10) (insufficienza respiratoria, sindrome dell’apnea del sonno)

  • pre-operatorie(4) (dimagrimento prima di un intervento chirurgico programmato per evitare rischio di complicanze)

  • cancro (essenzialmente quello della prostata per l’uomo e cancro al seno, ovaie e utero nella donna; cancro del colon rettale in entrambi i sessi)

  • psico-sociali (sindromi ansioso-depressive frequenti nell’obeso a causa della sua emarginazione sociale)

E’ opportuno abbinarla all’attività fisica?

Nella fase chetogenica è altamente sconsigliata attività aerobica intensa: il deficit calorico a cui il paziente è esposto non garantirebbe energia sufficiente compromettendo inoltre la massa magra del paziente.

È consigliato invece seguire brevi cicli di tonificazione muscolare, 15’ al massimo 3x a settimana preferibilmente a giorni alterni, utili per mantenere un elevato grado di elasticità cutanea (es. addominali, squat a corpo libero, flessioni con ginocchia a terra…).

A chi può essere utile?

Bensì la maggior indicazione è quella legata alla riduzione del peso, anche le persone normopeso possono fare dei brevi cicli mediatamente di 10-14 gg in quanto la privazione glucidica sortisce sull’organismo degli effetti paragonabili al digiuno e pertanto si può considerare come una delle diete antinvecchiamento.

Alle persone con eccesso di peso, sia obese (IMC>30) che in sovrappeso (25<IMC<30), il beneficio sta nella riduzione del rischio delle complicanze legate alla riduzione del peso quali:

  • cardiovascolari(12) (aterosclerosi e insufficienza coronarica, insufficienza cardiaca, insufficienza veno-linfatica, incidente cerebro-vascolare, ipertensione arteriosa, tachicardia ventricolare…;

  • endocrinologiche (diabete di tipo 2(3), sindrome dell’ovaio policistico(5,11) ipercortisolemia)

  • metaboliche (displipidemie, iperuricemie)

  • osteo-articolari (artrosi, lombalgie)

  • digestive (reflusso gastro-esofageo, litiasi, steatosi)

  • respiratorie(10) (insufficienza respiratoria, sindrome dell’apnea del sonno)

  • pre-operatorie(4) (dimagrimento prima di un intervento chirurgico programmato per evitare rischio di complicanze)

  • cancro (essenzialmente quello della prostata per l’uomo e cancro al seno, ovaie e utero nella donna; cancro del colon rettale in entrambi i sessi)

  • psico-sociali (sindromi ansioso-depressive frequenti nell’obeso a causa della sua emarginazione sociale)

  • Il metodo scientifico ha una storia di oltre 100 anni.
  • Nel 1915 il dottor Bénédict realizzo uno studio su digiuno prolungato.
  • Nel 1920 Peterman studiò il digiuno come cura di patologie a livello nervoso centrale, focalizzandosi soprattutto sulla cura dell’epilessia nei bambini in sostituzione alle cure farmacologiche.
  • Negli anni ’30 i ricercatori Evans e Strang pubblicarono un articolo scientifico su un regime di 400 kcal al quale aggiunsero 50 g di proteine.
  • Nel 1959 Bloom fece delle ricerche importanti su digiuno assoluto, ma il pericolo rappresentato da questa tecnica di dimagrimento portò al suo abbandono.
  • Nei decenni a seguire numerosi studiosi come Apfelbaum, Genuth; Vertes e Castro hanno lavorato sui regimi dietetici a basso contenuto di calorie con l’aggiunta di vari tipi di molecole proteiche come l’albumina, caseina o semplicemente amminoacidi.
  • Nel 1971 George L. Blackburn, ricercatore e professore dell’Università di Harvard, ha dimostrato che ingerendo proteine ad alto valore biologico (proteine complete) e ad elevata digeribilità, sempre escludendo i carboidrati, si impedisce la perdita muscolare, stabilendo infine nel 1973 i fabbisogni precisi in proteine per proteggere la massa magra nel corso di una dieta.
  • Nel 2015 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha stabilito i requisiti nutrizionali del pasto sostitutivo, definendo precisamente le quantità giornaliere delle proteine, dei carboidrati, dei lipidi e dei micronutrienti che deve contenere.
  • Il pasto sostitutivo è impiegato nella realizzazione di percorsi dietetici VLCD e VLC garantendo l’apporto macro- e micronutrizionale corretto durante l’intero programma dietologico.
  • Numerosi studi scientifici hanno dimostrato e confermato l’efficacia e la sicurezza della terapia chetogenica anche a lungo termine (1, 2, 6, 7, 8, 9, 13)
  1. Clifton PM, Keogh JB, Noakes M (2008): Long-term effects of a high protein weight-loss diet. Am J Clin Nutr
  2. Ebbeling CB, Swain JF, Feldman HA, Wong WW, Hachey DL, Garcia-Lago E et al. (2012) Effects of dietary composition on energy expenditure during weight-loss maintenance. JAMA 307: 2627-2634
  3. Saslow LR, Kim S, Daubenmier JJ, Moskowitz JT, Phinney SD, Goldman V, Murphy EJ, Cox RM, Moran P, Hecht FM (2014) A randomized pilot trial of a moderate carbohydrate diet compared to a very low carbohydrate diet in overweight or obese individuals with type 2 diabetes mellitus or prediabetes. PlosONE 9(4): e91027
  4. Lewis MC, Phillips ML, Slavotinek JP, Kow L, Thompson CH, Toouli J (2006) Change in liver size and fat content after treatment with Optifast very low calorie diet. Obes Surg 16(6): 697-701
  5. Mavropoulos JC, Yancy WS, Hepburn J, Westman EC (2005) The effects of a low-carbohydrate, ketogenic diet on the polycystic ovary syndrome: a pilot study. Nutr Metab 2: 35
  6. Moreno B, Bellido D, Sajoux I, Goday A, Saavedra D, Crujeiras AB, Casanueva FF (2014) Comparison of a very low-calorie-ketogenic diet with a standard low-calorie diet in the treatment of obesity. Endocrine 4 Mar
  7. Olkies A, Ravenna M, Meaglia D (2002) Obesity and maintenance program. Results after 3 years. Int J Obes 26
  8. Ryttig KR, Flaten H, Rȍssner S (1997) Long-term effects of a very low calorie diet in obesity treatment. A prospective, randomized, comparison between VLCD and a hypocaloric diet+behavior modification and their combination. Int J Obes Metab Disord 21: 574-579
  9. Saris Wim HM (2001) VLCD and sustained weight loss. Obesity Res 9
  10. Tuomilehto HP, Seppӓ JM, Partinen MM, Peltonen M, Gylling H, Tuomilehto JO, Vanninen EJ, Kokkarinen J et al (2009) Lifestyle intervention with weight reduction: first-line treatment in mild obstructive sleep apnea. Am J Respir Crit Care Med 179(4): 320-327
  11. Van Dam EW, Roelfsema F, Veldhuis JD, Hogendoorn S, Westenberg J, Helmerhorst FM et al. (2004) Retention of estradiol negative feedback relationship to LH predicts ovulation response to caloric restriction and weight loss in obese patients with polycystic ovary syndrome. Am J Physiol Endocrinol Metab 286(4): 615-620
  12. Viljanen AP, Karmi A, Borra R, Pӓrkkӓ JP Lepomӓki V, Parkkola R, Lautamӓki R, Jӓrvisalo M, Taittonen M, Rȍnnemaa T et al. (2009) Effect of caloric restriction on myocardial fatty acid uptake, left ventricular mass and cardiac work in obese adults. Am J Cardiol 103(12): 1721-1726
  13. Vogels N, Westerterp-Plantenga MS (2007) Successful long-term weight maintenance; a 2-year follow-up. Obesity 15(5): 1258-66