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Negli ultimi anni gli interventi terapeutici nel trattamento dell’obesità hanno subito un’evoluzione passando da interventi dietetici prettamente prescrittivi che garantivano una perdita rapida del peso corporeo, ma non mantenuta nel tempo, ad un approccio di consulenza, nel quale si focalizza l’attenzione sul piano motivazionale e comportamentale e si cerca quindi di instaurare nel paziente una coscienza alimentare e una modificazione del suo stile di vita. In questo modo, insieme all’interlocutore viene scelta la strategia migliore possibile da percorrere, lasciando delle innumerevoli scelte, compatibili con le esigenze organizzative di ogni giorno.

La maggior parte delle persone obese interrompono la dieta prima del termine; tra quelle che la proseguono, la maggior parte non perde peso; tra quelle che perdono peso, la maggior parte lo recupera in seguito.

Albert Stunkard

Così, i piani nutrizionali di qualche decennio fa, spesso recuperabili dalle riviste settimanali, si fondavano perlopiù sul principio quantitativo ovvero sul conteggio delle calorie (dieta del minestrone, dieta del pompelmo). In altri casi, pur non abbondando in calorie (dieta Atkins, dieta Scarsdale, dieta a Zona in versione non rivisitata, dieta Dukan, dieta chetogenica) la sazietà veniva garantita dall’abbondanza di proteine (nutriente a funzione plastica/strutturale). In tale maniera il controllo della glicemia dovuta alla severa riduzione dell’apporto dei carboidrati (nutriente a funzione energetica) innescava lo sprigionamento dei grassi dalle riserve corporee, ovvero costringendo l’organismo ad adoperare vie metaboliche alternative per il recupero dell’energia.

Con gli anni, invece, la parte più consapevole della società, nella ricerca del benessere, ha iniziato a sperimentare delle diete non tanto restrittive quanto basate su qualche rigido criterio qualitativo (dieta Beverly Hills, dieta vegetariana/vegan/crudarista/fruttarista, dieta dissociata di Shelton, dieta macrobiotica), ispirandosi spesso dei popoli longevi che per delle caratteristiche geografico-climatiche del loro territorio oppure etico-religiose avevano una certa restrizione alimentare.

Nell’ulteriore ricerca di allinearsi con le nostre caratteristiche fisiologiche sono state formulate altre diete basate sui criteri qualitativi come la Cronodieta, la Paleo dieta e la dieta dei Gruppi sanguigni.

Descrizione: Proposta negli anni ’70 dal dr. Atkins nel suo centro di cardiologia di NY. Si basa sul meccanismo della secrezione dell’insulina, scatenata dai glicidi, ad innescare il processo di accumulo di grasso. Riducendo l’assunzione di glicidi viene anche ridotta la secrezione di insulina.

Osservazioni: Squilibrata perché povera in carboidrati, vitamine (soprattutto quelle antiossidanti) e minerali, iperproteica e iperlipidica. L’eccesso di grassi innalza pericolosamente il colesterolo, mentre l’eccesso di proteine comporta una forte produzione di scorie azotate, acidosi del sangue, sovraccarico di lavoro per i reni ed il fegato e difficoltà digestive. Le scorie azotate ostacolano la ricostituzione di nuove strutture cellulari, pertanto l’anabolismo proteico muscolare in chi pratica attività sportiva. Va rilevato che la presenza ottimale di glicidi è necessaria in quanto contribuisce anche alla metabolizzazione delle proteine ed alla eliminazione delle scorie azotate derivanti dalla loro utilizzazione. Pur perdendo peso, dovuto principalmente alla perdita d’acqua (4 kg in 15 gg.), provoca chetosi e aumenta il rischio cardiovascolare.

Descrizione: Proposta negli anni ’80 da Judy Mazel, dirigente di centro dietetico frequentato da famosi artisti del cinema americano. Si basa sull’ipotesi che è necessario assumere gli alimenti in relazione alla compatibilità dovuta alla presenza degli enzimi deputati alla loro digestione. In questo modo le proprietà di ciascun alimento possono essere utilizzate in maniera ottimale, senza disturbi digestivi. Secondo l’autrice, l’incremento di peso è dovuto alle difficoltà digestive che derivano da abbinamenti di cibi non compatibili dal punto di vista enzimatico. Dunque, solo frutta per 10 gg, con graduale aggiunta di altri alimenti, ma con l’esclusione di certe combinazioni di alimenti.

Osservazioni: Seri effetti collaterali quali diarrea, disidratazione, carenza di principi nutritivi, soprattutto proteici, vitaminici (PP, B2, B12) e salini (fosforo, calcio, magnesio, ferro, zinco). Oltre al grasso, la perdita di peso si evidenzia soprattutto per la perdita di massa proteica.

Descrizione: Proposta alla fine degli anni ’70 dal cardiologo dr. Tarnower. Prometteva una perdita di ben 10 kg in 14 giorni e il mantenimento del peso forma per tutta la vita.

Si basa sull’osservazione dello stato di salute dei militari americani rientrati dalla prigionia in Vietnam, i quali, presentavano meno problemi coronarici dei commilitoni in patria, grazie all’alimentazione restrittiva e povera di grassi a cui erano stati sottoposti.

La quota proteica giornaliera è del 43%, quella glicidica del 34,5% e quella lipidica del 22,5%.

Osservazioni: Sbilanciata in quanto iperlipidica e iperproteica. L’eccesso di grassi innalza pericolosamente il colesterolo, mentre l’eccesso di proteine comporta un forte produzione di scorie azotate, acidosi del sangue, sovraccarico di lavoro per i reni ed il fegato e difficoltà digestive etc (vedi la dieta Atkins). Il basso introito calorico può determinare un apporto carente di vitamine (soprattutto quelle del gruppo B) e sali minerali.

Descrizione: Proposta negli anni ’50 dal dr. Shelton che enuncia la legge delle “combinazioni alimentari”. Insieme al dr. Hay possono definirsi i capostipiti delle diete dissociate.

Distingue 2 gruppi di alimenti: quelli che provocano secrezione gastrica di tipo acido (alimenti proteici) e di tipo alcalino (alimenti amidacei), da non associare nello stesso pasto. Grassi, verdure e spezie appartenenti ad un gruppo neutro possono essere abbinati agli altri due.

Osservazioni: Squilibrata, può provocare chetosi. Può indurre carenze di ferro e calcio per ridotta capacità del loro assorbimento. Ad esempio il ferro, contenuto essenzialmente nei cibi proteici di origine animale, viene assorbito in maniera ottimale solo se in presenza di cibi ricchi di vitamina C, ovvero alimenti di origine vegetale, specialmente la frutta.

E’ una dieta molto monotona e poco appetibile.

Descrizione: Proposta nel 1995 dal biochimico americano Barry Sears.

Ha lo scopo di tenere bassa la produzione di insulina, in quanto se elevata, a causa dell’ingestione di alimenti ad alto indice glicemico, trasforma l’eccesso di glicidi in grasso corporeo. Inoltre l’insulina attiva la produzione di alcuni ormoni “cattivi” che favoriscono l’aggregazione delle piastrine nel sangue e relativo rischio di trombi. Inoltre provocano vasocostrizione, quindi innalzamento della pressione sanguigna, infiammazioni, allergie, abbassamento della risposta immunitaria.

La dieta a zona, grazie alla elevata presenza di proteine nella dieta, attiva il glucagone, ormone antagonista dell’insulina che ne mantiene basso il livello e che mobilizza i grassi. Anche se la dieta è strutturata con il 40% di carboidrati, il 30% di proteine e il 30% di grassi, più che alle calorie fa riferimento alla risposta ormonale che deriva dall’ingestione degli alimenti.

Partendo dal fabbisogno proteico individuale, anziché considerare l’introito calorico, si ragiona in “blocchi”, il tutto in base alla percentuale di grasso corporeo e all’attività fisica svolta.

Osservazioni: iperlipidica e iperproteica (vedi dieta Atkins e dieta Scarsdale).

Descrizione: Più che una dieta una filosofia dietetica ideata agli inizi del ‘900 dal giapponese Oshawa ispirandosi allo stile di vita dei monaci zen. Il termine “macrobiotica” definisce anche una “tecnica di lunga vita” (dal greco makros = lungo e bios = vita) che tende a mantenere i giusti equilibri e l’armonia tra le opposte e nel contempo complementari energie Yin e Yang che governano il cosmo e la salute degli esseri viventi. Yin e Yang definiscono anche due categorie di cibi, acidi e alcalini.

La cottura, soprattutto se effettuata a pressione, aumenta l’energia Yang e va aumentata o diminuita in base ai cicli stagionali, maggiore in inverno, media in primavera e autunno, minore in estate.

La dieta esclude diversi alimenti tra i quali tutti quelli che hanno subito processi di trasformazione da parte dell’industria (zucchero raffinato, carni in genere, uova, latte e derivati, margarine, miele, bevande alcoliche compreso l’aceto, frutta esotica, bibite zuccherate, caffè. I processi di lavorazione industriale alterano gli equilibri energetici degli alimenti.

Si basa soprattutto su cereali integrali cotti come frumento, grano saraceno, mais, riso, miglio, avena, segale, legumi, semi oleosi come sesamo, girasole e zucca, frutta e verdure di stagione, zuppe di verdure, frutta a guscio, ecc.

I condimenti consigliati sono il sale marino integrale, olio di oliva e di semi spremuti a freddo, salsa di soia, etc.

Gli stessi alimenti vanno abbinati o consumati in prevalenza in funzione dei cicli stagionali. Nel periodo invernale, essendo il freddo energeticamente Yin, vanno privilegiati i cibi Yang, l’opposto nel periodo estivo.

Osservazioni: presenta le carenze nutrizionali tipiche della alimentazione con soli cibi vegetali, in particolare del ferro (presente ma poco assorbibile dai vegetali in quanto ferro non-eme), calcio, zinco, vitamina B12 (assente nei vegetali salvo nel germe di grano, soia e crauti), vitamina D (scarsamente presente nei vegetali) e proteine nobili di origine animale. La ricchezza dei vegetali in fibra e dei fitati riduce l’assorbimento di ferro, calcio e zinco.

Descrizione: Ha origine negli anni ’90 da osservazioni di due medici italiani, ma non prende in esame la quantità di calorie ingerite quanto invece la capacità di assorbimento dell’organismo in relazione ai ritmi biologici e ai diversi flussi ormonali nell’ambito delle 24 ore (cicli circadiani).

Al mattino si innalza progressivamente il metabolismo come anche la produzione di ormoni che regolano in particolare quello glicidico. Il cibo introdotto viene metabolizzato meglio e aumenta la velocità con la quale viene utilizzato ai fini energetici.

I glicidi (pane, pasta, biscotti, legumi, frutta zuccherina, ecc.) vanno assunti nelle ore che intercorrono tra il risveglio mattutino e le prime ore pomeridiane (entro le ore 15.00 circa). In questo modo, oltre a fornire energia muscolare subiscono una minore possibilità di essere immagazzinati a grasso di riserva. Va anche presa in esame la loro facilità di assimilazione. Pertanto pane, pasta e patate vanno assunti nelle prime ore della giornata mentre nella seconda parte sono da preferire riso e mais. Gli stessi glicidi non vanno associati ad alimenti proteici come carne, pesce, uova, latticini, inoltre vanno preferiti i cibi integrali.

Il pranzo deve essere il pasto più abbondante della giornata.

La cena assume la caratteristica di un prevalente contenuto di cibi proteici.

Le verdure e la frutta devono essere fresche e di stagione. Tutte le verdure devono essere presenti nei due pasti principali con la differenza che quelle a più elevato contenuto glicidico non vanno consumate a cena (barbabietole, carote, carciofi, broccoli, cavoli di Bruxelles, rape, verze, pomodori, peperoni, melanzane, spinaci, cipolle, ecc.).

La frutta può essere mangiata anche a metà pomeriggio, ma evitata a cena.

Nei condimenti va data la preferenza all’olio extravergine di oliva e agli oli di semi pressati a freddo. Vanno evitati i grassi di origine animale in genere (burro, lardo, pancetta, ecc) e cibi contenenti una elevata percentuale di grassi animali (latte e yogurt interi, formaggi grassi, insaccati).

Non vanno assunti vino, birra e caffè insieme ai pasti a prevalenza di glicidi.

Sono consigliati 5 pasti giornalieri, due dei quali sono spuntini di metà mattinata e metà pomeriggio.

Osservazioni: presenta parzialmente i limiti di una dieta dissociata. Tiene parzialmente conto dell’interazione tra i vari principi alimentari, ovvero del fatto che alcuni nutrienti, per essere digeriti e assorbiti in maniera ottimale, richiedono necessariamente la presenza di altri (vedi Dieta dissociata).

Descrizione: La decisione di seguire una dieta vegetariana può essere motivata diversamente (etica, religiosa, ecologista e salutista).

Le modalità di praticare una dieta vegetariana possono essere diverse:

  • VEGETARIANI– Rifiutano qualsiasi tipo di carne, anche pesce e crostacei, e accetta solo cibi di origine animale come uova non fecondate, latte e formaggi, miele.
  • VEGANI o VEGETALIANI– I vegani, da “vegans” di derivazione anglosassone, non consumano carne ne altro cibo di origine animale in genere. Il rifiuto di uova, latte (quindi anche derivati) e miele ha come motivo l’importanza di questi alimenti per garantire la crescita e la sopravvivenza di altre creature animali.
  • CRUDISTI– Utilizzano solo cibi vegetali crudi. I vegetali crudi freschi mantengono intatti i loro principi alimentari, principi che vengono alterati o parzialmente dispersi dalla cottura.
  • FRUTTARISTI– Detti anche fruttivori, si alimentano di sola frutta. Per frutta si intendono anche noci, nocciole, pinoli, castagne, semi oleosi

Osservazioni:

1) aspetti positivi:

  • Se ben strutturata secondo i principi della variabilità può garantire l’ottimale presenza di tutti i principi alimentari.
  • Risulta particolarmente ricca di glicidi, potassio e magnesio, utili per il metabolismo energetico muscolare.
  • Tende a spostare l’equilibrio acido-base (pH) verso l’alcalinità. Nello sportivo l’apporto di alimenti alcalini accelera il ripristino dell’efficienza fisica in quanto l’attività fisica tende a far virare il pH del sangue verso l’acidità.
  • La minore presenza di grassi di origine animale abbassa notevolmente i rischi di patologie cardiocircolatorie.
  • Riduce i rischi di cancro all’apparato digerente. Gli antiossidanti, ampiamente presenti nei vegetali, hanno un’azione preventiva per il cancro in generale.
  • L’alta percentuale di fibre presente nei vegetali determina un’efficace peristalsi dell’intestino, favorendone la regolarizzazione.
  • Contribuisce a dare rilassamento e ad abbassare l’aggressività.
  • Idratante, si caratterizza per l’elevato potere depurativo e disintossicante.

2) aspetti negativi:

  • Se non ben organizzata dal punto di vista della variabilità qualitativa può comportare la carenza di alcuni principi alimentari, in particolare:
    • Ferro: presente ma poco assorbibile dai vegetali in quanto ferro non-eme.
    • Calcio.
    • Zinco.
    • Vit. B12: assente nei vegetali salvo nel germe di grano, soia e crauti.
    • Vit. D: scarsamente presente nei vegetali.
    • Proteine: presenti nei vegetali il più delle volte con “aminoacidi limitanti”. Pertanto nelle diete a scarso contenuto di uova, latte e derivati è richiesto un giusto accoppiamento tra i vari vegetali.
  • La ricchezza dei vegetali in fibra, fitati e tannini riduce notevolmente l’assorbimento di ferro, calcio e zinco.
Descrizione: La dieta Dukan è la prima a offrire un approccio strutturato e rigoroso e a garantire una reale efficacia in 4 fasi: 2 fasi per dimagrire e 2 fasi per conservare e stabilizzare il peso forma.

La fase di attacco si prefigge ad una perdita di peso rapida e motivante che consiste nel consumo di
72 alimenti dall’elevato contenuto di proteine pure per innescare una veloce perdita di peso.

La fase di crociera ha lo scopo di raggiungere il peso forma progressivamente alternando le giornate di
proteine pure e di proteine e verdure, reintroducendo così 28 verdure raccomandate.

La fase di consolidamento ha come obiettivo la rieducazione del corpo per evitare l’effetto yo-yo.
Questa fase reintroduce progressivamente degli alimenti più energetici e pasti di gala. Un giorno a settimana prevede il consumo di sole proteine, aiutando in tal modo di regolare il peso forma se necessario, per evitare l’effetto yo-yo.

La fase di stabilizzazione consente la libertà alimentare e alcune semplici regole da seguire a vita.

 

Osservazioni: Essendo fortemente iperproteica (e pertanto squilibrata) e ricca in grassi saturi appesantisce gli organi emuntori deputati all’eliminazione delle sostanze di rifiuto. La forte restrizione in carboidrati costringe l’organismo ad utilizzare vie metaboliche alternative per recuperarli, in quanto sono il nostro carburante principale.

Descrizione: La paleodieta intende riproporre il tipo di alimentazione che caratterizzava le popolazioni umane vissute nel periodo precedente la scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento, avvenuta circa 10.000 anni fa; essa suggerisce di consumare solo alimenti ottenuti tramite la caccia e la raccolta.

Si basa sul concetto di come l’uomo mangiava una volta, più precisamente nel paleolitico. La sua dieta era caratterizzata da una componente proteica superiore a quella consigliata oggi e differiva in maniera significativa rispetto a quest’ultima. La carne era selvaggina magra, più povera e molto diversa nella composizione dei grassi rispetto alle carni di oggi. Inoltre tale alimento era  ricco di grassi omega-3, oggi quasi assenti nelle carni degli animali allevati a mangime (netta differenza con quelli cresciuti liberi). Secondo tali presupposti la dieta dovrebbe includere la carne, sia rossa che quella bianca, proveniente preferibilmente da animali non allevati. Per quanto riguarda invece l’utilizzo dei carboidrati come fonte di energia (e per ristabilire l’equilibrio acido-base del corpo), l’uomo paleolitico si nutriva di frutta e verdura, che portano (rispetto alla pasta, al riso e al pane) a un minor rilascio di insulina, di conseguenza ad una minore sintesi dei grassi. Inoltre, sarebbe tassativo fare tanti piccoli pasti e non pochi e abbondanti; si riduce così anche la stimolazione ormonale (insulinica) rispetto a quella provocata da pasti più abbondanti e concentrati. I grassi invece rimangono una componente essenziale ed importante della dieta paleolitica.

Gli alimenti dovrebbero essere correttamente dissociati cioè evitando di mischiare proteine diverse tra loro, in questo modo ogni alimento possa essere digerito ed assorbito al meglio.

Alla dieta deve essere obbligatoriamente associata attività fisica: l’uomo paleolitico andava a cacciare per procurarsi il cibo, non stava seduto su un divano a guardare la tv, e faceva una lotta per uccidere l’animale; ora invece andiamo al supermercato ed è già tutto pronto, quindi è molto importante praticare lo sport.

Descrizione: Lo scopo di questa dieta non si limita al dimagrimento ma all’idoneità biochimica o meno degli alimenti in base all’appartenenza ad un determinato gruppo sanguigno.
All’origine di questo collegamento ci sono le lectine, una famiglia di proteine agglutinanti contenute negli alimenti. Le lectine reagiscono in modo diverso in base agli antigeni dei 4 gruppi sanguigni (0, A, B e AB) formando grumi che a volte sono facili da espellere, altre volte si depositano nell’organismo infiammandolo.

La percezione di tale meccanismo si deve al medico e naturopata James D’Adamo, che lo scoprì su scala microscopica soltanto in un secondo momento, dopo aver già precedentemente osservato che pazienti appartenenti a gruppi sanguigni diversi reagivano in modo diverso alla medesima alimentazione.

Suo figlio Peter continuò il percorso intrapreso dal padre, facendo delle ricerche allo scopo di stabilire se ci fosse una correlazione tra malattie e gruppi sanguigni. Negli studi condotti aveva trovato una base scientifica che avvalorasse le osservazioni del padre.

Secondo questa teoria i gruppi sanguigni risalgono ad epoche diverse dell’evoluzione dell’uomo e sono strettamente relazionati alla disponibilità di cibo di talora:

  • Gruppo 0 (cacciatore). E’ il primo gruppo sanguigno apparso sulla Terra. Si presenta ~000, 40.000 anni fa, in seguito a grandi consumi di carne, quindi dieta ricca di proteine.
  • Gruppo A (agricoltore). Nasce in seguito all’introduzione dell’agricoltura ~000 – 15.000 anni fa e i primi allevamenti di animali, quindi alimentazione basata prevalentemente su verdere e cereali antichi.
  • Gruppo B (nomade).  Nasce attorno all’Himalaya, 10.000 – 15.000 anni fa. Costituito da popolazioni nomadi la cui alimentazione si basava soprattutto sulla pastorizia, quindi prodotti degli animali (latte, latticini e uova) ma meno carne.
  • Gruppo AB (misto). E’ il gruppo sanguigno più recente, nato appena 1000 – 1200 anni fa dall’incrocio del gruppo A con quello del gruppo B, causato dalle vittorie dei barbari (gruppo B) sui romani (gruppo A).

Osservazioni: Anche se probabilmente adatto per la maggior parte dei soggetti, non sembra sempre valido per definire il regime alimentare più idoneo per ogni persona. Dalla mia esperienza professionale posso dire di aver riscontrato diverse eccezioni. A giorno d’oggi, disponendo di altri strumenti più personalizzati, come i test genetici, è possibile comprendere con maggior cura e certezza, l’idoneità di alimenti diversi per ogni singolo soggetto.

Il modello alimentare italiano di oggi conserva solo pochi aspetti della vera DIETA MEDITERRANEA che si caratterizzava per una alimentazione composta da cibi naturali, senza additivi o conservanti chimici. Salvo per alcuni prodotti di cui era necessario approvvigionarsi per la stagione invernale (carne di maiale elaborata e conservata o la frutta trasformata in marmellate o mantenuta in cantine ben ventilate), tutto il resto veniva consumato praticamente fresco o nell’arco di qualche giorno. E’ da tenere presente che la richiesta energetica nei tempi passati era diversa, con maggiore consumo per attività fisica e lavoro manuale, con una certa quota di dispendio energetico dovuta alla termogenesi (mantenimento della temperatura corporea) in ambienti non o comunque meno riscaldati.

La ricetta che sintetizza emblematicamente il modello mediterraneo è certamente la “pasta e fagioli”, tipica alimentazione contadina dei tempi passati. Non a caso i legumi sono sempre stati definiti come “la carne dei poveri”. Se poi la pasta è all’uovo e fatta in casa si realizza un mix di proteine nobili, glicidi complessi, preziosi minerali, vitamine e fibre.

 

Pertanto la dieta mediterranea non è abbondanza di pane e pasta. Innanzitutto il pane è integrale e la pasta non solo di grano duro ma anche di vari cereali. Uno spazio particolare occupano i legumi. La carne è poca e la preferenza viene data a quella bianca e pesce azzurro. Pochi grassi con utilizzo principale di olio extravergine di oliva. Molta verdura e frutta fresca, inoltre frutta a guscio e vino.

Una ulteriore caratteristica è la grande varietà dei prodotti con la possibilità di abbinare un’infinita varietà di gusti e sapori, adattabili a tutte le esigenze. L’elenco delle ricette è praticamente infinita e si amplia ulteriormente in relazione agli usi e costumi locali.

Dieta mediterranea è anche movimento e attività fisica. Il contadino e l’operaio dei decenni passati lavoravano manualmente tutto il giorno e si spostavano per lo più a piedi o con mezzi di locomozione non motorizzati. Pertanto un sufficiente e costante apporto energetico, soprattutto glicidico, diventava indispensabile.

I cosiddetti ‘piatti unici’, che praticamente uniscono il primo piatto col secondo, sono una delle principali caratteristiche di questa dieta. Oltre alla pasta e fagioli (ma anche pasta e ceci, lenticchie, piselli, ecc.), altri esempi di piatti unici sono la pasta al sugo di carne con aggiunta di formaggio e olio extravergine di oliva. Inoltre i minestroni con verdure e legumi, la pizza napoletana con alici, mozzarella e pomodoro, ecc. Il pasto, accompagnato da un buon bicchiere di vino, si conclude sempre con una porzione di verdura e frutta fresca.